Siamo a Parigi nella seconda metà dell’ottocento, i protagonisti della scena artistica sono i pittori accademici con disegni accurati e realistici. Ma la quiete di queste pennellate ordinate sta per essere sconvolta da una nuova generazione di pittori: gli impressionisti.
In piena rottura con lo stile dell’epoca questi pittori non badano al realismo, ma fanno di tutto per cogliere il colore e la luce di un paesaggio, dipingendo direttamente sul posto.
Va detto che il risultato di queste performance “en plein air” non era per niente ortodosso, e questi “imbianchini” si scontrarono con aspre critiche, e furono battezzati “impressionisti”, una parola che aveva un significato tutt’altro che positivo, e faceva il verso ad un’opera di Monet: Impression, Soleil Levant.
Monet è uno dei principali esponenti di questo movimento e i suoi dipinti rivoluzioneranno per sempre la storia della pittura, aprendo le porte all’arte moderna e segnando una rottura con lo stile accademico.

Chi è Monet?
Monet viene definito il pittore della luce, che dipinga un tramonto, prati, o la borghesia parigina, il vero soggetto delle sue tele sono i colori, le luci e i riflessi che questi elementi emanano o riflettono.
Il pittore francese, (nato a Parigi nel 1840), oggi gode di fama mondiale, ed è proprio per la popolarità delle sue opere che è difficile immaginare che il suo conto in banca abbia pianto per la maggior parte della sua esistenza. La vita dell’artista infatti non è stata affatto facile:
anche se di famiglia borghese, le sue opere non riscossero subito molto successo; l’artista visse molti anni rincorrendo prestiti e mecenati per finanziare le proprie tele.

Dai paesaggi alle Ninfee
Dopo una carriera di alti e bassi, rifiuti al Salon di Parigi, viaggi in Europa, esposizioni fallimentari ma anche grandi successi, il pittore ormai cinquantenne crea la propria oasi di pace a Giverny, una piccola località di provincia, sulle rive del fiume Epte, in Normandia, dove dipingerà le ninfee del suo stagno per vent’anni, dando vita alla sua collezione più celebre.
Uno stagno tutto per sè
Progettare uno stagno tutto per sè è già una impresa non da poco, ma Monet dovette anche affrontare il disaccordo degli abitanti di Giverny per realizzare il proprio “atelier” a cielo aperto. L’eccentrico pittore infatti, dal primo giorno in cui si trasferì con la famiglia nel piccolo paese di provincia, attirò subito l’antipatia dei cittadini del luogo.
Inizialmente quest’ultimi cominciarono ad esigere un pedaggio per ogni volta che Monet attraversava i loro campi, stanchi dei suoi continui attraversamenti non autorizzati per dipingere questa o quella vista. Successivamente cominciarono ad abbattere i pioppi che Monet amava dipingere. Quando si dice risolvere il problema alla radice…
A un certo punto Monet decise di allestire un suo personale paesaggio.
Ma queste Ninfee e piante esotiche, in Francia, dove le è andate a prendere?
Il progetto consisteva nell’ampliamento della sua tenuta di circa 7 500 metri quadri, realizzando anche uno stagno alimentato da un piccolo corso d’acqua.
L’intenzione di Monet era quella di includere nello stagno una varietà di piante esotiche dal Sud America, Messico, Egitto e India. Ed è qui che si scontrò ancora una volta con i contadini del luogo: le preoccupazioni dei vicinato furono che questa flora estranea potesse avvelenare il bestiame, o chissà magari danneggiare il bucato.
Nonostante le proteste dei contadini, Monet realizzò il proprio stagno secondo i suoi progetti.
Successivamente fece costruire un ponticello ad arco di legno, simile a quelli visti nelle xilografie giapponesi, completando il proprio regno di pace e tranquillità tra rane, libellule e ninfee.



Perché proprio le ninfee?
Con le ninfee Monet ha scoperto l’opportunità perfetta per analizzare i giochi i di colore e luce in ogni dettaglio, nei riflessi sulla superficie dell’acqua mossa dal vento, nelle ombre e i raggi di luce attraverso i salici, tutto questo in un continuo evolversi durante le diverse fasi del giorno e il susseguirsi delle stagioni.
Da qui inizia il suo ossessivo studio delle ninfee, che dal dipinto naturalistico si trasformano in arte quasi astratta.
Monet esclude l’orizzonte e la sponda dello stagno dalla tela, dell’ambiente circostante se ne percepisce solo il riflesso, mescolato con quello del cielo. L’effetto che ne risulta è quello di un dipinto quasi astratto, il soggetto non è più un semplice stagno di ninfee ma una magia di colori e luci, immerse in un infinito gioco di macchie di tonalità intense che si mescolano e sfumano.

I suoi quadri diventano intrecci geometrici, dove le ninfee definiscono la superficie del quadro su linee orizzontali, mentre i riflessi del cielo e dei salici sull’acqua vengono dipinti verticalmente. il risultato è una scomposizione del colore innovativa, con pennellate fluide dai colori vibranti.
Il soggetto dei suoi dipinti non sono propriamente i fiori, ma tutto lo spazio che li comprende, e l’impressione del pittore nel momento in cui vengono dipinti. Quindi nonostante Monet fosse un pelino fissato con le ninfee, non è da confondere con un artista floreale, per quanto potesse essere affascinato dai giardini fioriti, la sua vera passione è sempre stata quella di “cogliere un attimo” e trasmetterlo sulla tela.
Per l’appunto le ninfee non furono l’unico soggetto ricorrente della sua carriera, la cattedrale di Rouen ha avuto l’onore di apparire in circa 30 tele di Monet.

Ultimi anni difficili
Nel 1912, all’età di 72 anni, in seguito ad un grave calo della vista, viene diagnosticata a Monet una doppia cataratta che decise di rimuovere dopo lunghe esitazioni, nel 1923.
È un periodo buio per Monet: oltre alla cataratta che peggiora gradualmente, muore la moglie, il figlio Jean, il figlio Michel, Renoir (ultimo amico rimasto del suo periodo parigino) e scoppia il primo conflitto mondiale.
Monet, depresso e scoraggiato, smette di dipingere per un periodo, ma per fortuna decide finalmente di sottoporsi all’intervento per la cataratta e grazie al supporto del suo amico Clemencau, Monet tornerà a dipingere ossessivamente. Profondamente segnato dagli ultimi eventi, lo stagno che torna a dipingere, sembra un girone infernale, molto diverso dall’oasi di pace fresca e cristallina che lo attrasse per tutta la vita. Monet conclude così la propria carriera col botto, le sue ultime opere sono esplosioni di colori caldi e pennellate fiammanti.
Monet muore nel 1926, uscendo dalla scena artistica lasciando la porta aperta all’arte moderna.

Il grande capolavoro
Monet progettava da tempo di esporre le sue grandi tele di Ninfee in un unico ambiente. Strinse un accordo con lo stato Francese che consisteva nella donazione di un certo numero di quadri, a patto che venissero esposte in un ambiente speciale curato da lui.
Il primo progetto che prevedeva la costruzione di una padiglione presso il giardino dell’hotel Biron venne bocciato, probabilmente perchè avrebbe attirato troppa attenzione sull’artista.
Così Monet decise di ritirare la donazione. Accorsero molti acquirenti da tutto il mondo, disposti ad acquistare la collezione di Ninfee. Ma grazie all’amico Clemenceau, Monet ottiene il permesso di allestire una sala dell’Orangerie del Louvre, dove sono tutt’ora esposte.
Due stanze ovali verranno allestite soltanto dopo la morte di Monet. Anche se oggi sono meta di moltissimi turisti e amanti dell’arte, per molti anni non fu facile visitarle. Cominciarono a riscuotere successo solo intorno agli anni ‘50 attirando l’attenzione di molti artisti sull’onda dell’espressionismo .
Ad oggi è possibile ammirare le sue opere alla mostra personale a lui dedicata presso il Palazzo reale di Milano fino al 30 Gennaio 2022.
