La figura di Lucifero nell’arte assume molte forme: quella di un mostro rettiliano, rana gigante, capra, mostriciattolo peloso, e molte altre ancora. La lista è lunga.
In contrapposizione abbiamo anche il bel Lucifer della famosa serie Netflix, che non ha proprio nulla di mostruoso. Quindi, chi ha ragione?
Che aspetto ha il “vero” Lucifero?
Partiamo dagli inizi.
Perché nell’arte medievale Lucifero è così brutto?
Nel Medioevo la maggior parte delle persone non sapeva né leggere né scrivere, quindi l’unico mezzo che aveva la chiesa per diffondere il proprio credo era l’arte. Il mezzo più diretto per far distinguere ai credenti il bene dal male e di spaventarli a morte è stato quello di dipingere il nemico numero uno di Cristo come un mostro.
Quand’è che Lucifero si è imbruttito?
Il termine Lucifero significa letteralmente “Portatore di Luce” e non è nato con il cristianesimo, ma è una figura presente in tutte le religioni monoteiste.
Per tutta l’epoca paleocristiana non sono esistite raffigurazioni del diavolo, tantomeno gli artisti potevano basarsi su dei testi letterari che lo descrivessero.
Gran parte della costruzione del personaggio è avvenuta attingendo dalla tradizione pagana, dalla quale han preso di tutto: dalla forca di tritone alle corna dei fauni, la folta barba e il corpo deforme della divinità egizia Bes alle celebri gambe caprine di Pan.


Lucifero da quando è apparso per la prima volta nell’iconografia cristiana, non ha mai assunto una forma definita. Perché?
Perché nell’Antico Testamento non esiste!
Nella Bibbia si parla poco di Lucifero, certo il “male“ esiste, ma a causa di errori di traduzione, gli eventi che descrivono la caduta di Lucifero descritti da Isaia ed Ezechiele narrano in realtà la caduta del re di Babilonia e re Tiro (rispettivamente). Entrambi raccontano la caduta all’Inferno dell’angelo più bello del Paradiso, cacciato a causa della sua superbia nei confronti di Dio.
Il malinteso deriva dal fatto che in entrambe le scritture latine, ci si riferisce ad entrambi i personaggi come “stelle del mattino” ovvero in latino lucifer.
La questione teologica è complicata, ci sono molte teorie ed interpretazioni sulla sua figura, ma com’è stato raffigurato nell’arte nei vari secoli si tratta della pura fantasia degli artisti.
L’entrata in scena di Lucifero nel mondo dell’arte.
Nel medioevo che Lucifero fosse stato descritto come l’angelo più bello, sembra che non importasse proprio a nessuno.
La sua (forse) più antica raffigurazione risale al VI secolo d.C. e si trova a Ravenna nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo. È un piccolo mosaico che si trova nella fascia più alta della parete di sinistra.
Né in questo né in tutti gli altri mosaici di Ravenna esistono torture infernali: solo positività e gioia divina.
Il mosaico in questione è una raffigurazione del giudizio universale, dove Cristo in compagnia di un angelo rosso e un angelo blu divide le pecore (le anime da salvare) dalle capre (i dannati). Sono proprio le capre dal lato dell’angelo blu a suggerirci che questo possa trattarsi di Lucifero: con ali d’angelo e aureola, senza strane zampe che sbucano dalla tunica o corna sulla testa.

Nei secoli successivi le rappresentazioni di Lucifero sono molto differenti e liberamente interpretate.
Tra queste risalta la rappresentazione del giudizio universale della Basilica di Torcello a Venezia. Torcello è stata la prima isola della laguna ad essere stata abitata, e prima che le foci dei fiumi la rendessero una palude infestata dalla malaria, è stata il principale crocevia commerciale e culturale di Venezia.
L’architettura e le decorazioni della basilica sono molto simili a quelle dei mosaici di Ravenna, infatti pur trattandosi di un giudizio universale, non rappresenta ancora tutte le atrocità tipiche delle altre rappresentazioni di questo soggetto. Quando questo mosaico è stato realizzato nell’XII secolo, la figura di Lucifero non era stata ancora concretizzata e diffusa, ed è questo che lo rende veramente curioso.

Se si osserva il mosaico, la rappresentazione del giudizio dei dannati è abbastanza rosea: a parte qualche fiamma infernale e demoni nudi con le ali, non ci sono particolari atrocità.
A sinistra, gli angeli spingono le anime dei dannati all’inferno. A destra, quella che sarebbe riconducibile alla rappresentazione di Lucifero, mostra un uomo sulla terza età, barbuto, bluastro e piuttosto rilassato. Quello che invece tiene in braccio come un nipotino, è un modestissimo Anticristo.
È vero che è seduto su un trono fatto da un serpente a due teste cornute che divora i dannati, ma siamo onesti, confronto al mosaico del battistero di Firenze, non è poi così terrificante.

Coppo Marcovaldo realizza nel 1260 il mosaico del giudizio universale nel battistero di Firenze. Questa è tra le primissime realizzazioni che vede la nostra affezionata “stella del mattino” mutata in un mostro cornuto con dei serpenti che gli escono da diversi orifizi che divorano crudités umane.
Il diavolo viene rappresentato come un insaziabile divoratore di anime.
Nella rappresentazione, oltre ai serpenti, ci sono, lucertole, rane, e demoni con ali di pipistrello che torturano le anime dei dannati nei modi più fantasiosi: grigliati allo spiedo, divorati, impiccati e obbligati a bere oro fuso.
L’iconografia comincia ad assumere un sapore decisamente splatter, ma non bisogna dimenticare che è un’epoca piuttosto buia della storia dell’umanità. In quel periodo di pestilenze, guerre e fame, convivere con gli orrori della morte e delle epidemie era la quotidianità. Non c’è da stupirsi che le rappresentazioni divennero più truci.
Dal mosaico di Coppo Marcovaldo prende ispirazione Giotto. L’affresco presente nella Cappella degli Scrovegni di Padova, databile circa 1306, ha la stessa iconografia: quella di un ingordo divoratore blu, barbuto, cornuto e panciuto, con dei serpenti che gli escono dalle orecchie. La grande differenza dal mosaico di Coppo Marcovaldo è che cominciano ad essere rappresentate le vicende dell’inferno come le descrive Dante: con i gironi e le torture inflitte per categoria di peccato.

Sicuramente Dante e Giotto sono stati contemporanei, ma non vi sono certezze su chi abbia ispirato chi nella descrizione dell’inferno. Quel che si sa con certezza, è che Dante è stato a Padova prima di scrivere l’inferno, perché con quel che ha scritto sui Padovani, non sarebbe stato certo accolto a braccia aperte!
A differenza delle precedenti rappresentazioni, Giotto dipinge torture violente senza remore. Se prima ci si limitava alla rappresentazione di esseri demoniaci, con Giotto non si scherza: appende per i genitali un bel po’ di gente e dipinge degli sbudellamenti veri e propri.
Un altro affresco molto simile all’inferno dantesco è quella di Giovanni da Modena, realizzata intorno al 1404 nella Basilica di San Petronio.

Anche qui Satana, anche se con un fisico un po’ più palestrato conserva i connotati dipinti da Giotto, circondato dai vari gironi infernali con delle torture molto simili. Questo affresco ha fatto notizia di recente a causa della rappresentazione di Maometto in alto a destra: considerato eretico e seminatore di discordie viene trascinato per la gola da un demone. Ogni tanto qualche fanatico religioso si mette in testa di voler deturpare l’affresco, ma fino ad oggi per fortuna non hanno avuto successo.
Il rospo baciato dal lume della ragione.
Dopo vari secoli di rappresentazioni truci e mostruose, Lucifero torna a risplendere con l’illuminismo, la Massoneria e il Romanticismo. Nel 1415 un ricco committente francese, il Duca di Berry, commissiona ai fratelli Limbourg la decorazione di un libro delle ore (libro di preghiere ufficiali della Chiesa Cattolica). Poiché si tratta di un committente privato, la rappresentazione è stata libera dall’interferenza della chiesa, e risulta molto originale considerato il periodo.


Il libro, straordinariamente decorato con le miniature, contiene una rappresentazione di Lucifero basata sui racconti di Isaia ed Ezechiele. I fratelli Limbourg rappresentano Lucifero come se fossero nel V secolo: la miniatura raffigura un bellissimo angelo che cade per primo tra le fiamme dell’inferno, trascinandosi dietro tutti gli altri, scagliati nell’abisso dall’esercito di Dio.
Lucifero torna a splendere
Circa duecento anni dopo (1667) fu pubblicato il Paradiso Perduto di Milton. Quest’opera fu così celebre che finalmente Lucifero è stato pubblicamente redento da secoli di torture e violenza.
Il poema narra le vicende bibliche dalla caduta all’inferno di Lucifero dopo aver dichiarato guerra al Paradiso e aver sfidato Dio, alla cacciata dal paradiso di Adamo ed Eva. Una sorta di versione romanzata delle scritture di Ezechiele. L’innovazione della sua opera sta nel tentativo di riconciliare la tradizione pagana con quella Cristiana.

Questa incisione di Gustave Dorè del 1866, raffigura Lucifero piacente e disperato con un’armatura romana. Una rappresentazione completamente diversa da quella medioevale: nel romanticismo Lucifero viene riconsiderato positivamente come portatore di conoscenza.
Lucifero diventa una figura salvifica e liberatrice che libera Adamo ed Eva dalla schiavitù di Dio.
Attraverso i secoli l’identità di Lucifero è stata rivisitata e adattata alle esigenze della committenza, ma nelle sacre scritture non si parla dettagliatamente del suo aspetto. Si può dire che il Lucifero della storia dell’Arte sia più una metafora che un personaggio preciso.
L’aspetto di Lucifero è stato strumentalizzato nei secoli dal cristianesimo ed usato come raffigurazione del concetto di “male”, assumendo di volta in volta la forma che più conveniva. Quindi chi ha deciso chi è il diavolo, gli artisti o la religione?
Per scrivere questo articolo mi sono informata qui: Angeli e Demoni; National Geographic; History; Documentario BBC